lunedì 3 novembre 2008


poco fa... quando stavo uscendo dal cancello di casa tua, mi sono dimenticata di dirti una cosa... (che sono innamorata di te) che se ti senti triste, che quando vorresti dire cose o stare con qualcuno (che non sia tua moglie) che non ti giudica e non s'annoia ad ascoltarti, Io ci sono... se hai bisogno di un cuore collegato ad un paio di orecchi, Io ci sono.
se vuoi anche domani (ti prego, vieni), potresti passare da me al negozio, mi trovi lì dalle 6 alle 8, tutte le sere (ma anche in altri orari, quando vuoi tu). ci ho pensato subito dopo che sono partita (che stupida) che volevo dirti questa cosa (ma prima ti avrei baciato). eri troppo bello lì, sotto la pioggia, mentre aprivi il cancello (sotto la pioggia un bacio) e avevi un'espressione così vicina al pianto da riuscire a vederti le lacrime dietro agli occhi, fin giu nella gola. lo sai che sono tua amica (ma vorrei che mi amassi) e che, se tu vuoi, Io ci sono (sempre per te, per sempre) e non importa a che ora... alle nove del mattino, alle tre di notte... (anche se non verrai domani, voglio dirti che ti aspetto... ti aspetto anche adesso che non posso più raggiungerti... rimango quì... non piangere senza me, vieni e ci abbracciamo... stiamo un po' insieme). ciao.

giovedì 9 ottobre 2008

schiantarsi contro a un muro

SENTO UNA NOTA AMARA GIU' NELLA GOLA.
NON SO DIRE NE DA DOVE, NE' DA QUANDO.
SE CI FOSSE ABBASTANZA PROFONDITA' IO...

MA IN QUESTO POSTO IL CIELO SI SCHIANTA
CONTRO I MURI DELLE FABBRICHE E DELLE CASE.

lunedì 6 ottobre 2008

al post precedente si aggiunga quanto segue

si aggiunga che l'uomo che amo (o che credo di amare), non posso averlo.
si aggiunga che ho un grosso debito con la banca e una prospettiva di ammortamento pari a quindici o venti anni di sbattimenti.
si aggiunga che sono senza entusiasmo e che tutto quello che faccio deriva da uno sforzo immane che alla lunga mi sfianca.
si aggiunga che non mi fido di nessuno e che quindi tutto quello che potrei delegare lo faccio io.

amen

porca t....
mi sento come svuotata. mentre guidavo sentivo una nota amara giu nella gola. non so dire da dove provenga e non dipende dalla mia volontà.
è sentire che non c'è niente che ti somiglia nelle persone, in tutte le persone. le persone con cui vivi, le persone con cui lavori, quelle che reputi amiche.
l'amaro di non avere un'anima affine che ti corre accanto e che qualche volta ti guarda e capisce; lei che sa.
se ci fosse abbastanza profondità da guardare e nella cui interezza perdersi e ritrovarsi, ma il cielo, in questo posto, si schianta contro le mura delle case e delle fabbriche. se ci fosse abbastanza cielo, io potrei avere più speranza e non sentirmi così divorata da un'entità che mi annienta senza distruggermi.
ogni giorno fingo d'esser un pesce in grado di nuotare. fingo che le persone mi siano simpatiche e qualche volta nutro stima per loro. ma non è così, la verità amarissima, è che le trovo banali, vili, ignare e qualche volta persino abominevoli. solo che mi sono imposta di trovarle amabili. la noia di certi discorsi, diventa orrore per me.
vorrei essere un entità superiore, per poter avere compassione e per essere in grado di farmi bastare tutto questo. oppure potrei essere un essere inferiore, per non avere nemmeno l'idea della grandezza della vita e del mondo, e delle capacità dell'uomo.
vorrei non essere così difficile, così puntigliosa, così sarcastica, così amara e sofisticata. vorrei non essere così bella e vorrei non sentirmi fuori posto, almeno per una volta, tanto da sapere qual'è la sensazione che devo ricercare.

mercoledì 1 ottobre 2008

caldo e buio

non so perchè ma ho come l'impressione di essere dentro ad una stanza vuota. una stanza sferica, vuota e ferma.
resto appoggiata alla curva; come nel grembo materno resto in attesa che il tempo passi, che la gestazione di quel che sarò, sia compiuta.
c'è buio quì, e caldo.
e non c'è nulla di familiare. sono sola e lo sarò sopratutto fuori da quì. che sia una scelta è probabilmente vero. essere scostati dalla massa è un grosso problema per chi, come me, non ha imparato ad adeguarsi.
parlo e non sono compresa, guardo e sono fraintesa. nel bene e nel male, nessuno sa chi sono. nemmeno io.
mia madre dice che sono cattiva, perchè esprimo le mie opinioni senza curarmi troppo dell'effetto. dice che sono insopportabile perchè sono incostante e lunatica. dice che nessuno mi sopporta perchè sono ingrata.

io non so che pensare, ma da sempre, per me, l'opinione di uno dei miei genitori è stata fondamentale.
ed io mi accanisco, per convincermi che non devo per forza piacere ai miei genitori, nè tantomento alle altre persone. almeno non a tutte.
non è facile stabilire chi sei, nè cosa ti serve per sopravivere agli urti della vita, alle trappole sociali, alle tue stesse lacune.

non ho avuto genitori affettuosi. non si sono mai interessati a me, forse perchè sono sfuggente, malinconica, cruenta qualche volta, e sopratutto irreprensibile. alle persone non piacciono le persone che non sbagliano, o che anche nell'errore sono giustificabili.
le mie lacrime ho imparato a piangerle quando potevo farlo senza essere vista, come fossero una cosa deplorevole. le mie lotte le ho combattute in silenzio, nello sputo del colore sulle tele, sulle pagine segrete dei miei diari, e molte risposte le ho lette nei libri, miei compagni e soglie su mondi speciali.

martedì 16 settembre 2008

nè lacrime, nè pudore



vi chiederete com'è possibile che io mi sia accorta che l'amo ancora, dopo 5 lunghi anni di semplice amicizia.
all'inizio, quando l'ho lasciato, ero in uno stato confusionale preoccupante, perchè mettevo in dubbio qualunque mio sentimento e decisione e, nonostante tutto, anzichè fermarmi un istante a riflettere, attuavo le decisioni e interpretavo i miei sentimenti con leggerezza, convinta d'esser sincera con me stessa. chi può biasimare uno che segue il suo cuore? mi dicevo.
ma col senno di poi, ho capito che non seguivo il mio cuore, ma solo un sentimento, un desiderio, una brama vorace di LIBERTA', intesa però come possibilità di andare e venire nei rapporti di amicizia, d'amore, persino di lavoro, senza considerare e senza nemmeno vedere i cuori che spezzavo e gli amici che deludevo. non c'era un fine malvagio in tutto questo. volevo solo essere anarchicamente libera. volevo essere egoista, perchè a quel tempo, pensavo fosse l'unico modo per essere felice. non volevo più giustificare le mie azioni per difendere gli altri dalla sofferenza. in quasi due anni di questa follia, ne ho combinate di tutti i colori. sono fuggita tre giorni a rimini, da un ragazzo bellissimo e stupidissimo, che mi ha lasciato un'amarezza incredibile, perchè mi ero illusa di qualcosa che non si capisce bene, dato che ci avevo parlato mezz'ora. poi sono fuggita tre giorni a roma da un ragazzo speciale che ho illuso, perchè ha creduto fossi lì per lui, ed invece ero lì per la magnifica roma.
sono stata con diversi ragazzi per il gusto di provare, perchè non l'avevo mai fatto, perchè ogni volta pensavo di essere innamorata. avevo bisogno forse di dare una scossa alla mia vita. cercavo la sofferenza e la gioia nello stesso rapporto. cercavo delle opportunità.
sono stata orribile e lo so gia da un po' questo, ma quello che mi fa incazzare di più, è il pessimo ricordo che hanno di me certe persone.

la cosa divertente di me è che, anche se mi sono lasciata male con certe persone, quando le riincontro dopo un po' di tempo, non ricordo i fatti negativi che ci hanno separato e quindi mi comporto con naturalezza, lasciando l'altro di stucco.
si aggiunga che ho una memoria da pulce e quindi oltre ad apparire idiota e forse anche snob, appaio di certo anche smemorata all'ennesima potenza.
ma la storia con lui è stata diversa. con lui, ho proprio sentito il baluginare delle stelle negli occhi, ho sentito lo sfavillio di un qualche cosa di immenso dentro allo stomaco.
ogni suo bacio un viaggio in una dimensione dove non sapevo trattenere nè lacrime, nè pudore.

lunedì 15 settembre 2008

dannata sfortuna

per mia dannata, dannatissima sfortuna, mi sono innamorata del marito di una mia amica.
e se non fosse per il loro matrimonio, celebrato poco tempo fa, me lo sarei gia preso.
sono pazza o solo viziosa, egoista, fate voi; e lo dico perchè l'uomo della mia amica, il suo uomo, il suo sposo, l'ho avuto tra le braccia e lui, ha avuto me tra le braccia, ha assaggiato il mio sapore e mi ha detto "... ti ho cercata per tanto tempo e finalmente ti ho trovata." queste sono frasi che ti spaccano a metà. frasi che si incastrano tra il cuore e la gola e rimangono a lungo a macerare insieme ad una sensazione di appartenenza, che mai più proverai, mia povera illusa e delusa anima. ma questo è accaduto cinque anni fa e la mia amica non lo sa.
coi piedi nella pioggia, ieri, sono rimasta davanti al portone di casa loro, a piangere dell'acqua che mi inzuppava, dell'immagine di noi che si sfuocava.

per fortuna loro sono in viaggio di nozze, l'ho pensato mentre mi asciugavo i capelli: altrimenti cosa avrebbero pensato vedendomi lì?, aggrappata come un condannato alle sbarre del cancello, con un'espressione spettrale per via del mascara sciolto sulla pelle e dei capelli appiccicati alla fronte.
un'immagine penosa.

ma loro, per fortuna (?), sono in viaggio di nozze e non mi hanno vista: ma forse sentita sì, perchè ad un certo punto ho gridato. un grido che lo senti dopo qualche istante quando esce dal frastuono della pioggia lentamente, e rieccheggia e si confonde, nel fragore delle auto sull'asfalto inondato.

ho pianto così abbandonata a me stessa, da non ricordare quando ho acceso l'auto per andarmene da quel luogo divenuto ameno.
sento di averlo perso e non sarebbe abbastanza questo a distruggermi, se non sapessi che è per sempre.
è una frase che ho sempre snobbato, "per sempre", mi sembra così teatralmente falso dire "ti lascio per sempre" o "ti amo per sempre".
ma adesso, adesso mi sembra che se dovessi anche solo pronunciare la frase, "ti ho perduto per sempre", potrei cadere da questa sedia in uno stato di dolore cronico, da cui non si guarisce e di cui, tuttavia, non si muore; ti tiene in vita, in una cudele lucidità.

tanto per alleviare lo sconforto, cari amici sconosciuti, vi voglio raccontare come ho conosciuto quest'uomo immenso, per anima e sentimento, molto tempo fa, quando avevo solo 15 anni.
ho incontrato i suoi occhi una sera, li ho guardati dentro, come si guarda nel diario di una vita antica e sconosciuta a tutti. l'ho riconosciuto come fosse nella mia memoria da prima che il mondo nascesse, ed è bastato uno sguardo nell'altrove dei suoi occhi, per innamorarmene.

dopo quella sera non l'ho visto per mesi, poi, è venuto dove lavoravo e mi ha raccontato, come fossimo da sempre amici, la fine di una sua storia d'amore. lui parlava ed io tremavo, nel mentre di una pausa caffè (probabilmente la più lunga nella storia delle macchinette automatiche).
qualche sera dopo abbiamo cenato insieme. la mia goffaggine, che tentavo di mascherare inutilmente, deve averlo divertito, ma lo temevo, rispettosamente, come si teme il proprio mentore, e non ho avuto abbastanza coraggio per dirglielo. lui aveva 24 anni, io 17 e a quel tempo, mi sentivo così inadeguata, così infantile e inesperta. lui aveva avuto chissà quante storie, chissà quante donne.

non ci siamo più visti, la paura mi ha congelato il cervello, così, quando mi ha invitata di nuovo dopo qualche giorno, gli ho risposto di no, con la tranquillità di chi ha scampato un fallimento, senza sapere che sarebbe stata la mia miglior vittoria su me stessa, sulla mia virulenta timidezza.

maledetta io e la mia fottuta emotività!

il tempo è passato ed ho avuto una storia lunga 5 anni che poi è finita, e una sera sono andata in un locale che non frequentavo da tempo.

era giugno e c'era caldo, mentre parcheggiavo l'auto ho sentito la sua voce nel vento. credevo di aver sognato, ma ho ascoltato bene, (ve lo immaginate? io, inebetita, in mezzo al parcheggio, con le orecchie tese) ferma in cerca del corridoio d'aria che aveva portato quel brivido; ed eccolo di nuovo.
lui.
lui nel vento.

nonostante i trenta gradi la pelle mi si è increspata ed ho vacillato fino all'interno del locale, dove la gente si accalcava e beveva, e ho sgomitato per passare e poi, di colpo, sono stata risucchiata fuori dalla calca e l'ho visto a un metro da me, con il microfono in mano e i suoi occhi mirati al centro del mio cuore.
ho sorriso senza fare alcun cenno e mi sono lasciata cadere su una sedia, io appesa agli occhi suoi. io: trafitta da una caldissima carezza.

furono tre mesi di "baciami", "sposami", "ti amo", "mangiamo insieme?".. "dormi con me"... tre mesi di "non riesco a non pensarti"... "mi manchi già"... "non riesco a resisterti"... "andiamocene da quì... "...

ricordare tutto questo è stato difficile. non ci volevo credere che era stato così bello e unico il nostro amore. non mi era mai capitato di stare così bene con una persona. mai nel sesso, nella giornata, nella notte. mai che qualcuno pensasse esattamente quello che stavo pensando, mai nessuno che mi abbia chiesto perdono per non avermi capita prima.
ed io l'ho lasciato, in un modo che mi fa vergognare.
15 giorni fa, al suo matrimonio, ho visto l'immagine di noi come un'istantanea che scompare e di colpo ho realizzato, guardando come la abbracciava e come la baciava, che quella potevo (dovevo) essere io.
ho realizzato che quei baci non li avrei potuti più avere.
avere... avere i suoi baci, e le sue mani. diomio. cosa ho fatto.
la sofferenza è fisica. in questi casi, la mancanza spinge dentro alla carne la sua lama fredda e ti senti rotto a metà, nel mezzo del petto, come un bersaglio colpito al centro di una debolezza incontrollabile.
l'ho lasciato perchè ero incapace di liberarmi delle mie limitazioni. perchè non avevo mai conosciuto un uomo indipendente.
ma tutto questo non ha più alcuna importanza, nè per me, nè per lui.

l'ho lasciato.

l'amore della mia vita. l'unico che sia stato in grado di sciogliere i sensi nel mio ventre fino a mozzarmi il fiato.

l'ho lasciato. diomio.




lunedì 8 settembre 2008

perduto

Ad ogni sguardo,
un lama mi s’infilava
tra il cuore e il respiro.
Ad ogni tuo passo
Lontano da me,
la vista si perdeva sull’orizzonte di un altro mondo.

Ti ho amato con orgoglio
Dimenticando chi ero e
Le mie paure ti hanno reso
Impotente.

so da un po’ che non avrei potuto
renderti felice,
ma dal momento che sei esistito per me
con me
non posso più lasciarti andare.

Lasciami sognare
un bacio tra noi,
come fosse un nostro segreto modo
di amarci da lontano.

Un bacio.
Non ultimo
Non secondo
E mai più primo.

Nessuno potrebbe comprendere

nè accettare
Ma noi sì
Noi conosciamo
Tutto il tempo del nostro amore
Tanto nel passato quanto nel futuro.

Un bacio lo vorrei dare a te
Come per tenere a bada
Tutto il resto che non si dice
Ma che sai.

venerdì 5 settembre 2008